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sabato 26 gennaio 2008
Andare oltre il prodismo
a cura di RNxPD
(17:12)
Riceviamo da Emanuele Ceglie e volentieri pubblichiamo.






Rispondo a Maurizio Colace e ad alcuni amici che sollecitano una iniziativa e una discussione su quanto è accaduto.
Spero di non essere frainteso e di non offendere la sensibilità democratica di alcuno se dico che l'esaurimento del prodismo ha anticipato la sconfitta del governo Prodi, che si spiega con la debolezza strutturale della strategia prodiana e non con le "mastellate" e i tradimenti. Se per prodismo intendiamo quella visione politica formata da tre componenti (riformismo minimo, mediazione continua tra tutti i soggetti della sinistra e anti-berlusconismo), va preso atto che questo impasto non solo non ha funzionato nella realtà (perchè la regola aurea della mediazione ha indebolito fino ad annullare le riforme) ma non ha favorito nè aggregazioni politiche nuove e si è mostrato insufficiente a governare un sistema politico in agonia. Non è un caso che, allorquando il nuovo soggetto del PD è passato dalle nuvole dei buoni propositi al piano del concreto per darsi un profilo politico determinato, tutti hanno avvertito che PD e governo marciavano su binari confliggenti.
Se Prodi ha fallito, perchè ha male sviluppato il progetto ulivista, pur avendolo percepito prima di altri, Veltroni riprende quel progetto e lo pone su un altro terreno che si può così definire: riformismo forte, identità democratica non equivoca del PD, normalizzazione del sistema politico (nel quale si muovono avversari e non nemici). A chi gli ha chiesto di dimostrare con i fatti la volontà di rinnovamento, Veltroni ha spiazzato tutti e ha risposto come risponderebbe un leader consapevole dello stato disastroso del paese: il PD ha una vocazione maggioritaria e intende esercitarla con qualsiasi sistema elettorale e, così facendo, intende guidare la più grande riforma dei partiti (a sinistra, al centro e a destra) che sia stata mai tentata in Italia.
Conclusioni: è sperabile che dentro il PD si apra una discussione accesa ma non lacerante. Se questo non avvenisse e si aprisse invece uno scenario di divisioni, allora il compito dei movimenti dovrà essere di richiamo alle ragioni unitarie, senza però dimenticare che una stagione si è irrimediabilmente chiusa e un'altra si propone ai democratici e alla società. Non si potrà restare a metà del guado.
Propongo che l'APD romana si collochi su una linea unitaria ma certamente non antagonista alle proposte di Veltroni e di superamento deciso della prima stagione dell'ulivismo. Propongo altresì che l'APD assieme con altre associazioni, senza rimpianti per una esperienza che è ormai alle nostre spalle, promuova una iniziativa pubblica a sostegno della linea del segretario del PD.
Un saluto.

Emanuele Ceglie





COMMENTI:

A mio parere, tutto dipende dalla distanza che corre tra la "vocazione maggioritaria" e una maggioranza almeno possibile in parlamento.
Quale percentuale di voti può attendersi realisticamente il Partito democratico? Il 35-40%? Magari, risponderebbero in molti, me compreso. Ebbene, anche in questo caso, se per bipolarismo "coatto" si intende la necessità (anzi: l'imprescindibilità) di un accordo programmatico tra le forze che concorrono alla maggioranza, allora è evidente che rinunciarvi significa rinunciare anche al bipolarismo e alla democrazia dell'alternanza. E questa è una scelta possibile, certo, tant'è che l'Italia l'ha fatta per decenni, cambiando governo ogni anno e anche meno. Chi ha nostalgia della "politica dei due forni" (oggi con Casini, domani con la sinistra radicale, per essere chiari) deve mettere in conto anche questo, insieme alla corruzione e al clientelismo, che sono il frutto sperimentato dell'assenza di un'alternanza al potere.

L'errore che è stato fatto, ma non soltanto da Prodi, è quello di aver "fatto finta" di mediare con un programma elettorale "monstre" di 280 pagine. La mediazione deve essere fatta prima del voto e deve essere chiara, ma deve essere fatta comunque se non si hanno i numeri per governare da soli e non si ha una vocazione minoritaria. . Questo vuol dire che il Partito democratico non può permettersi di correre da solo, con un proprio programma elettorale? No, non vuol dire questo, o almeno non necessariamente. Se la cosidetta "vocazione maggioritaria" prevede che la scelta delle alleanze venga comunque concordata e annunciata prima del voto, si può anche correre da soli. In altre parole, l'accordo con la "cosa bianca" o la "cosa rossa" dovrà avvenire prima del voto, e non soltanto per rispetto dei cittadini.Ma se il partito tornerà a ricevere dagli elettori una delega in bianco (che poi sia indicato un programma nei manifesti elettorali conta meno, come si è visto), sarà quasi certamente un ritorno alla prima repubblica, governi balneari compresi. Quanto al trasformismo, purtroppo radicato nel nostro (mal)costume politico, nulla impedisce che possa allignare anche all'interno dei partiti "a vocazione maggioritaria".


Fernando Cancedda


Apprezzo e accolgo l'invito ad andare oltre il Prodismo.Riformismo,mediazione continua e anti Berlusconismo non hanno funzionato un granchè.A mio modesto avviso, con la scadenza naturale della legislatura, saremmo arrivati all' appuntamento elettorale come la volta precedente con tutto e tutti contro.L'azione riformatrice del governo Prodi é stata efficacie sul versante conti pubblici ma su gli altri terreni è stato poco incisiva.Da oggi testa bassa nella costruzione dei circoli del P.D. e personalmente condivido l'articolo di E.CEGLIE ad andare oltre il Prodismo e organizzare una manifestazione pubblica a sostegno del segretario W.Veltroni

Maurizio