Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
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martedì 27 maggio 2008
RISULTATO ELEZIONI E PROGETTI
a cura di RNxPD
(14:13)
Gustavo Credazzi
(Comitato Monte Mario e Girotondi per L'ULIVO - Roma)
Sui risultati delle elezioni nazionali e cittadine di Roma, sono state fatte molte analisi e considerazioni tra le quali prevale l’opinione che in questa circostanza sono stati fatti molti errori. Il maggiore dei quali è stato di partire battuti: il destino aveva deciso contro di noi.
Ma sappiamo che non è così. Appena due mesi fa, in un paese in fibrillazione per la “sicurezza”, per le tasse, per i contratti di lavoro, per la litigiosità tra i partiti del centro sinistra, c’era un governo legittimo basato su una maggioranza elettorale striminzita, ma che, proprio per questo motivo andava protetto e sostenuto.
E c’era, a Roma, un sindaco forte eletto con oltre il 60% dei voti e con una larga maggioranza consiliare e 18 Municipi cittadini su 19 in mano al centro sinistra.
Complessivamente un quadro difficile, ma positivo. Che andava rafforzato e migliorato. Esattamente come aveva cercato di fare Prodi con le riunioni di maggioranza a porte chiuse, i patti di solidarietà interna al governo, i limiti di “tribuna”, i portavoce ufficiali.
Visto da oggi, fine maggio, sembra uno scenario del lontano passato. E invece era ieri e poteva essere anche “l’oggi”.
Bisognava proteggere il governo, migliorarlo, convincere tutti del rischio che si correva ad indebolirlo.

Certo, c’era anche da fare qualcosa per raddrizzare la barca. E l’idea del PD era quella giusta perché “spuntava” l’unica arma “civile” in mano alla destra: l’operatività del governo, la sua capacità di portare a sintesi gli interessi comuni ai partiti dello schieramento.
Servivano quindi, consapevolezza generale e decisionismo operativo.
L’idea del Partito Democratico - seguito e completamento del disegno dell’Ulivo - andava attuata allargando al massimo le sue potenzialità.
Inventando qualcosa per procedere con il governo che aveva vinto le elezioni appena diciotto mesi prima e con la maggioranza massima “possibile”, attorno al leader più unificante che abbiamo. Andando avanti fino alla sua scadenza naturale “resistendo” esattamente come si era fatto fino ad allora.
E invece si è preferito accelerare la caduta del governo e, incoscientemente, si è lasciato che si andasse alle urne chiusi in un’intesa elettorale limitata, perdente in partenza.
Ma non era questa l’autentica “mission”, del PD che doveva, si, rinnovare la politica, ma non secondo i canoni della destra, inseguendola sul suo terreno, rinunciando finanche alle sue radici in nome dell’”educazione politica”, della semplificazione generale che sarebbe andata – ed infatti è andata – a vantaggio della sola compagine di destra.
Certo, con l’astio antiberlusconiano non si andava lontano, ma la verità è che l’astio…. era solo “uno” – peraltro ampiamente legittimato dall’esperienza passata - dei collanti della maggioranza che aveva ben altri valori e interessi comuni: l’esigenza del recupero del potere d’acquisto dei salari e degli stipendi legato al miglioramento della produttività delle imprese e del sistema Italia; la sicurezza sul lavoro per perdere il primato europeo delle morti bianche; una politica dell’immigrazione ferma, ma responsabile e senza scorciatoie, inclusiva e positiva in una visione pacifica e solidale del mondo.
Abbiamo invece consentito che il corto circuito, scoppiato tra l’opera di disinformazione della destra e le fibrillazioni dei partitini e addirittura dei singoli esponenti del centro sinistra, anziché spegnersi o attenuarsi si trasformasse in un incendio.

Ora la situazione è quella che è. Non siamo maggioranza – non abbiamo raggiunto come qualcuno incredibilmente ha forse creduto, il 50% + 1 dei voti e quindi il premio di maggioranza e, in più il paese ha anche perso la presenza parlamentare della sinistra dello schieramento che rappresentava pur sempre un rafforzamento degli “argini” - e non siamo neppure un’opposizione credibile.
Questa nuova strategia dell’incontro con gente in parte impresentabile e in eleggibile che non dovrebbe neppure essere “riconosciuta”, quantomeno da noi per mancanza dei requisiti minimi, è una resa incondizionata alla parte peggiore del paese.

Parliamo ora, brevemente del nostro territorio, del Municipio XVII nel quale sono stato candidato nelle liste del Partito Democratico (131 voti: ne servivano però 147 per entrare in Consiglio).
Qui per lo schieramento ampio col quale ci siamo presentati, ma soprattutto, per le molte energie messe in campo dai Democratici che hanno, in gran parte, assorbito le perdite della Sinistra Arcobaleno, abbiamo riconquistato al primo turno la presidenza per la brava e pugnace Antonella De Giusti e la maggioranza del Consiglio.
Anche a Roma si poteva però aspettare a “rinunciare” all’amministrazione del Comune e di molti Municipi dato che si poteva prevedere il mediocre risultato ottenuto.
Tra l’altro Veltroni era stato il creatore del “metodo” omonimo che aveva raccolto il 60% dei consensi, mentre una nuova candidatura, anche se prestigiosa, poteva apparire un ripiego.
Potevamo - dovevamo arrivare alla scadenza del mandato del Sindaco, del Presidente della Provincia e di quelli dei Municipi.

Adesso che possiamo fare noi, il nostro piccolo comitato di cittadini e gli altri analoghi – anche se più “frequentati” del nostro – per non rinunciare a dire la nostra, per essere presenti sul territorio, nel quartiere, nella città?
Se nel 1996 alla vittoria del centro sinistra, dai vertici del nostro movimento e dell’intero centro sinistra vennero (incautamente) indicazioni di scioglimento dei comitati (che allora erano 2000 in tutt’Italia!) per “raggiungimento dello scopo” statutario, questa volta per il motivo opposto dovrebbe giungerci un incoraggiamento ad andare avanti.
Ed è proprio quello che ritengo sia la nostra attuale missione. Restare – come si diceva una volta – vigili e attenti.
Molti di noi sono organici al Partito Democratico che è la nostra grande, concreta speranza di recupero e di rilancio. Ma la nostra presenza sul territorio, la nostra funzione di promotori di “attenzione” alla politica può avere ancora un ruolo per il consolidamento dell’esistente e di allargamento del consenso.