Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
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mercoledì 1 ottobre 2008
Che partito facciamo?
(a un anno dal 14 Ottobre)
a cura di RNxPD
(14:37)
Che partito facciamo ?
Il 14 ottobre può essere visto come l’ anniversario della nascita del PD. E’ giusto dunque un bilancio del processo costituente, una riflessione collettiva sul punto in cui siamo, sulle difficoltà che avvertiamo, sul disagio espresso da molti iscritti.
Sappiamo bene che alla base di queste difficoltà sta soprattutto l’amarezza della ingiusta caduta del governo Prodi, delle divisioni del centrosinistra che l’hanno provocata, della sconfitta elettorale, aggravata a Roma e in Sicilia, della formazione di un governo insieme segnato da pericolose venature autoritarie e antiparlamentari e confusionario nelle sue decisioni concrete.
Tuttavia la costruzione di una opposizione adeguata a sfidare l’incompetenza e l’irresponsabilità governativa non si fa solo con la pur necessaria critica radicale ai provvedimenti che di fatto sta prendendo il governo. Si fa costruendo un soggetto politico che affronti il problema capitale del paese, ricostruire una solidarietà civile e una cultura politica adeguata alle sfide del nostro tempo, garantire spazi di formazione, informazione, partecipazione e decisioni ai cittadini sconfortati e agli incerti, ricostruire un sistema di rappresentanza politica divenuto prigioniero di pratiche oligarchiche e di autoreferenzialità politica.
Il partito che stiamo costruendo è adeguato a questo compito?
Appare ancora significativa la vitalità di molti circoli, la voglia di vecchi e nuovi aderenti di aprire una fase nuova mentre si esprimono, fuori del PD, attenzioni e interessi da parte di forze che erano rimaste critiche. Ma l’impressione diffusa è che fra la vitalità e voglia di fare dei circoli e la gestione politica delle decisioni ci sia come un vuoto di comunicazione e di rappresentatività reale; in buona sostanza che rischi di mancare proprio il disegno compiuto della forma partito di cui il nostro tempo ha bisogno, nel segno di un recupero di democrazia e partecipazione efficaci e verificabili. Tutto questo crea un disagio che fatica ad esercitare una influenza politica determinante degli iscritti.
A nostro avviso ci sono ordini di decisioni che esprimono più di altre l’inadeguatezza democratica del processo in corso. Essi vanno affrontate in modo deciso se non vogliamo che la stessa pratica da cui siamo nati il 14 ottobre, l’uso delle primarie, che resta comunque a nostro avviso opzione fondamentale soprattutto per le cariche istituzionali, non rappresenti di fatto l’alibi di facciata che contraddice e non sostiene il carattere democratico, non esprime una partecipazione motivata e argomentata, divenendo solo occasione di verifica della capacità di organizzare clientele a sostegno di ambizioni personali, in pratica una partecipazione senza esercizio di responsabilità.
Il primo problema da affrontare sta, a nostro avviso, nella scelta di organi dirigenti elefantiaci, ( dalle migliaia di componenti dell’ Assemblea Costituente nazionale alle molte centinaia di quelle regionali, a più del centinaio delle direzioni regionali e provinciali) da una parte ingovernabili, dall’altra insignificanti sul terreno della rappresentatività reale delle decisioni, perché inevitabilmente ridotti a un ruolo mediatico di immagine anziché di dibattito autentico e di fatto sostituiti da accordi di vertice fra gruppi informali. L’ esperienza di questo anno, fino all’ultima assemblea nazionale, conferma un tale rischio .
Sappiamo bene che dietro questa prassi c’è la spinta a soddisfare le piccole vanità, le velleità di apparire del massimo possibile di personaggi diversi, insomma una logica da ceto politico vecchio stampo; ma essa è pagata dall’impossibilità di costruire davvero nuovi gruppi dirigenti responsabili e controllabili dalla base, dal rafforzamento non tanto di correnti politiche visibili e identificabili ma di gruppi di pressione personalistici, dall’impossibilità di coinvolgere gli iscritti e i simpatizzanti nella sostanza concreta delle decisioni politiche da prendere, di fatto da una sostanziale assenza di partecipazione.
Il secondo problema sta in un effetto delle nostre scelte e che si può esprimere come contraddizione fra un’impianto sostanzialmente presidenzialista, col voto diretto del segretario nazionale e di quelli regionali ( che ha le sue ragioni) e la logica della pluralità di liste che lo sostiene, creando di fatto un condizionamento contraddittorio, un insieme di vincoli non univoci politicamente, dei gruppi che lo appoggiano e che di fatto ne indebolisce la leadership.
Questo limite si aggraverà ulteriormente se sarà assunto sistematicamente anche al livello locale nel corso di eventuali nuove elezioni di dirigenti, come è il caso del Lazio, indebolendone sempre di più il rapporto con la chiarezza della linea politica. Altro è una pluralità contraddittoria di liste che sostiene un candidato segretario, altro è la prassi per cui liste il cui candidato non ha superato le primarie, invitino, nel secondo passaggio, a votare il candidato selezionato che considerano più vicino a loro.
Si pongono ovviamente accanto a questi problemi molti altri interrogativi che non possono essere evasi, dall’ipotesi di incompatibilità o meno fra cariche istituzionali e ruolo di coordinatore regionale e provinciale, ( entro cui passa la definizione corretta del rapporto fra partito e istituzioni) alla eccezionalità della trasgressione al vincolo territoriale nell’iscrizione del partito, alla costruzione dei coordinamenti municipali nelle grandi città. Ciò che conta è che senza un soggetto autenticamente democratico cioè capace di coinvolgere nelle sue decisioni, nazionali e sul territorio, iscritti e elettori, non avremo mai la forza necessaria a svolgere l’opposizione ad un governo che tende a schiacciare le pratiche della democrazia.Ciò che è decisivo oggi e riempire il vuoto creato fra circoli e gruppi dirigenti, dimostrando che la vitalità degli iscritti è in grado di influenzare anche le scelte degli organi dirigenti.

Paola Gaiotti De Biase