Riceviamo da Mario Setta, docente di storia e filosofia in pensione presso il Liceo Scientifico Statale Fermi di Sulmona.
La storia della scuola procede con la storia del pensiero. Per questo le prime scuole sono nate come elaborazione di pensiero. L’alternativa non è tra scuola pubblica e scuola privata, tra scuola confessionale e scuola laica, tra scuola di destra e scuola di sinistra. Il vero banco di prova per una scuola senza aggettivi è quello di essere finestra sul mondo. Sono ancora attuali le parole del poeta indiano Tagore: “La scuola mi appariva come una prigione dello spirito, buona solo a produrre pappagalli ammaestrati”. Una scuola che voglia essere tale (skolé significa “divertimento, piacere dello spirito”, l’otium latino) deve spalancare al mondo porte e finestre: scuola aperta o scuola chiusa è il dilemma. E’ l’idea di Popper, il filosofo della “società aperta”.In un discorso che tenne cinquanta anni fa, il 13 ottobre 1958, in qualità di presidente della Aristotelian Society, espose la dialettica tra due modelli di scuola: quella di Talete e quella di Pitagora. La scuola di Talete era una scuola aperta, una scuola di libertà. Talete, infatti, incoraggiava la critica nei suoi confronti, tanto che gli allievi potevano liberamente sostenere idee diverse dalle sue. “Talete – scrive Popper – fondò la nuova tradizione di libertà, basata su un nuovo rapporto fra maestro e allievo e creare in tal modo un nuovo tipo di scuola, del tutto differente da quella pitagorica”. Nella scuola di Pitagora, infatti, prevaleva l’insegnamento fondato sull’autorità indiscussa del maestro, venerato come un dio, discendente da Apollo, dotato di poteri taumaturgici. A lui si alludeva come all’ “Autós efe” (Ipse dixit) e chi pensava diversamente veniva dichiarato eretico, espulso. Perfino assassinato, come pare sia accaduto a Ippaso di Metaponto che, divulgando la scoperta degli incommensurabili (√2), minava tutta l’impalcatura dell’arché di Pitagora. Il pregio della scuola pitagorica era la conservazione della dottrina del maestro, mediante uno spirito di gruppo molto accentuato, tanto che il pitagorismo era diventato uno stile di vita.
Oggi, c’è una “scuola” che ha sostituito la vera Scuola: è la televisione. Una scuola 24ore/su 24. Scuola a tempo pieno, totalizzante e totalitaria. La concezione di vita e del mondo (weltanschauung) non è più esclusiva della vecchia Scuola o della Chiesa: è monopolio del nuovo “pater familias”, l’onnipresente televisore. Tanto che il “maestro unico” della ministro Gelmini, appare più come una trovata per ridurre numero e ruolo degli insegnanti, mentre altrove (in Germania), da circa un secolo alla “grundschule” (elementari), i maestri (con obbligo di laurea) sono sempre stati parecchi in ogni classe. Per questo nel famoso saggio “Cattiva maestra televisione”, Karl Popper, sottolineando come la televisione sia diventata “Dio che parla”, mette in guardia da nuove forme di totalitarismo: “Credo che un nuovo Hitler avrebbe, con la televisione, un potere infinito”. La scuola non è una pianta che si pota con l’accetta, ma un fiore che si cura con perizia e con amore. Un’operazione delicata che, per fortuna, crea sempre attenzione, dibattito, polemica. Non solo in Italia, ma anche altrove, come ora in Francia con il libro di François Bégaudeau, “La classe” (Einaudi), trasposto nel film che ha vinto la Palma d’oro a Cannes. Non sempre e non facilmente (come risulta dal libro di Bégaudeau) la Scuola riesce a riparare i danni, sempre più gravi, della deformazione civico/culturale d’una gioventù allo sbando, ma ci prova. Come àncora di salvezza.
Mario Setta
COMMENTI
Vorrei spezzare una lancia a favore della Televisione: sono d’accordo che oggigiorno ci sia una sorella televisione abbastanza negativa, non parlo solo dei canali commerciali, ma anche di Rai1, Rai 2 e Rai3. Tuttavia, ci sono anche , rari, ma ci sono ,programmi di qualita’ , vere scuole positive per i telespettatori; il pericolo del “pensiero unico” si puo’ incarnare,si’, nelle controriforme scolastiche di vario tipo e nei pesanti tagli portati all’istruzione pubblica, ma sta’ al cittadino , alla stampa, ecc. , non farsene condizionare piu’ di tanto. Un esempio di questo tipo di rifiuto di comunicazione “Trash” e’ l’audience in caduta libera di programmi come l’Isola dei Famosi ed il Grande Fratello. Non sono mai stata molto d’accordo con le idee di Popper sulla Televisione: sicuramente, parte da punti di vista assolutamente giusti, ma c’e’ molto da salvare , parlando di messaggio televisivo mediatico in generale e nel mondo intero.
Maria Golini
REPLICA:
Gentile signora, ha pienamente ragione nell’affermare che la Tv, come oggetto, non è da distruggere. Sarebbe come maledire l’invenzione della stampa perché si pubblicano libri da spazzatura. D’altronde il fenomeno del “luddismo”, durante la rivoluzione industriale, fu una rivolta inutile e… patetica, perché si pensava di salvare l’occupazione distruggendo le macchine, che si riteneva causassero disoccupazione e fame. E’ evidente che la Tv è un oggetto, ma l’uso che se ne fa (visto dalla parte del proprietario e del consumatore) le dà un valore straordinario. Almeno, oggi. Domani, forse, diventerà un oggetto da museo. E’ chiaro che Popper si riferisce all’uso, non all’oggetto in sé. E’ un fatto, a prova di documentazione storica, che sia Mussolini che Hitler riponessero molta fiducia nella propaganda ideologica attraverso i mass-media. E li controllavano, facendo pulizia politica. Oggi, in Italia, Berlusconi opera un controllo minuzioso sulle televisioni, attraverso le quali impartisce lezioni (scuola) agli italiani. Non è il maestro-unico, ma ha creato intorno a sé uno staff di collaboratori (Mediaste+Rai) che sbalordisce e… spaventa. Mussolini vegliava anche di notte e così Berlusconi telefona a giornalisti e giornaliste per dare suggerimenti e ordini. L’ultimo (veda su “Italia Oggi”, giovedì 16 ottobre, p. 7): Domenica prossima, a “Domenica in…politica”, la giornalista Monica Setta avrebbe dovuto intervistare Walter Veltroni, che si era detto disponibile. Invece, tutto “oscurato”. Non le sembra che Popper abbia proprio ragione?
Cordialmente, Mario Setta.