Venerdì scorso al Circolo Momtemario del PD si è svolta un'assemblea alla quale ha partecipato il neo eletto segretario regionale Roberto Morassut.
Riceviamo e pubblichiamo la relazione introduttiva del coordinatore Vladimir Mariano.
Relazione assemblea PD Montemario 12 dicembre
L’assemblea odierna si svolge in un contesto politico sociale ed economico molto difficile.
Molti sono i temi che vanno focalizzati e credo che la riunione di oggi possa essere utile se faremo un dibattito franco, selezionando le priorità e cercando di condividere un’idea, un modo di fare politica vera, stando in mezzo alla gente e ai suoi problemi.
Il Pd è nato da poco ed ha subito una dura sconfitta elettorale. La capacità di reazione è stata ed è lenta, complicata.
Non è questo però che deve farci paura. Occorre grande senso di responsabilità e capacità di reazione. Più fatti e meno chiacchiere e distinguo sui giornali e tv.
Ci troviamo di fronte un centrodestra che sta letteralmente smantellando l’Italia che conosciamo. Lacera reti di solidarietà e di protezione, svuota i luoghi della rappresentanza. E ancor più che con l’iniziativa legislativa di questo governo, lo sta facendo con la capacità di incidere “culturalmente” sul tessuto sociale e produttivo. Lo fa sulla base di un discorso politico, un vocabolario. Mentre noi ci siamo fermati a constatare, tutti troppo impotenti, l’assenza di un punto di coagulo, una voce unitaria che offra un luogo condiviso e una rappresentanza allo sconcerto che, nonostante tutto, anche in questi mesi si percepisce con chiarezza in una parte consistente – strutturalmente tutt’altro che minoritaria – del Paese. Quella voce che deve essere il Pd e costituire la sua missione essenziale.
Che cosa sta avvenendo? Perché fatichiamo a trovare una sua risposta? Perché appariamo, a tratti, così confusi, disorientati, incerti del domani? Ci sono ragioni contingenti, difficoltà della politica. Ma non solo.
Requisito primo: non dobbiamo cercare scorciatoie. Sarebbe, a mio avviso, un errore pensare che il successo della destra italiana, tanto più in quella sua peculiare ed egemone declinazione che è il berlusconismo, sia solo manipolazione e prepotenza, «cattiva maestra televisione» e «poteri forti» che si coalizzano intorno ad una strategia di conservazione. È anche questo, sì. Ma la forza di questa destra si basa su altro.
Non è solo il dominio televisivo di Berlusconi sul sistema, insomma, ad aver provocato il riflusso dell’interesse dei cittadini su un privato sempre più parcellizzato e l’emergere di un nuovo individualismo che sembra sfuggire ad ogni messaggio collettivo, ad ogni visione del bene comune. Semmai, è la dimensione storica del fenomeno a rendere il terreno così fertile. Ed è, anche, la nostra storia nazionale, così segnata dalla debolezza dello spirito civico, dalla debolezza delle istituzioni, dal corporativismo della nostra borghesia, dai limiti delle culture politiche riformiste, a lasciare campo libero al populismo della destra.
Io credo che da questa analisi dobbiamo provare a ripartire: La destra non si è affermata soltanto sul corporativismo economico, ma anche sul piano ideologico. Ha capito forse prima di noi che, nel mondo contemporaneo, il consenso non si costruisce più sulla base di aggregazioni sociali chiaramente identificabili, ma sulla forza di grandi messaggi identitari che, producendo o illudendosi di produrre una nuova dimensione culturale, offrono al soggetto individuale un ancoraggio valoriale.
Fino ad un’estrema semplificazione: la richiesta di uno che “decide”, anche a prescindere dal merito delle decisioni.
Ideologia e decisionismo. In questo modo la destra ha offerto una sua risposta. Una risposta che, però, appare insufficiente, parziale e regressiva. Perché non si fonda su una visione del futuro, ma lucra sui timori popolari e sull’incertezza del presente per costruirsi una rendita di posizione.
E allora, anche se la destra sta uccidendo l’Italia che conosciamo, non dobbiamo fermarci solo a questa denuncia. Pur necessaria. Dobbiamo avere il coraggio per davvero di guardare alla vita quotidiana degli italiani. Il più grande problema è che, oltre a distruggere questa Italia, la destra non ne costruisce una adeguata. Questo deve divenire il fulcro della nostra iniziativa.
L’Italia della destra non va bene. E non perché non piace a noi, ma perché quell’Italia non ce la fa a stare nella competizione mondiale ed è carica di ingiustizia. Dobbiamo parlare di cose concrete e farle, spiegarle ai cittadini, creare un clima di mobilitazione nel Paese, essere più presenti proprio li dove ci sono i problemi più difficili da affrontare, avere la capacità di indicare un’alternativa.
L’esempio dei decreti sulla scuola è lampante: solo un drastico, indiscriminato, taglio di risorse che compromette il futuro del nostro sistema educativo. Dal consenso – o assuefazione – sul metodo, si è passati alla percezione del merito. E quindi alla reazione.
Svelare questa contraddizione insita nell’Italia della destra è il nostro compito. Il nostro primo compito, allora, è riformulare il giusto ordine del giorno.
Lo spazio c’è e una forza come il PD ha il compito e il dovere di indicare una strada con maggiore forza e coesione di quanto non abbia fatto finora. Ci vuole un partito vero, radicato nei territori per fare questo.
Vedo due temi fondamentali: il primo, quello della competitività che deve essere nostro. La competitività cui dobbiamo pensare è coraggio della sfida, capacità di navigare in mare aperto, di scommettere sulla crescita e lo sviluppo. Qualcosa che il nostro Paese, in questi anni, ha drammaticamente perso per strada e che la destra, con il suo mix di protezionismo, paternalismo e tutela degli interessi costituiti, non vuole e non può ricostruire. Ne sia esempio la drammatica vicenda di Alitalia.
Il secondo tema chiave è quello di un paese più giusto.
Quando si passa dal “metodo del fare” al “merito delle cose” appare chiaro che la politica della destra acuisce le disuguaglianze fra i cittadini e fra le famiglie italiane. Si blocca la mobilità sociale. Il censo e la nascita tornano ad essere sempre più criteri determinanti per definire il proprio percorso di vita. L’aumento dei prezzi e la crisi dei salari incidono drammaticamente sul livello di vita non più di fasce marginali di popolazione, ma di una fascia ampia e maggioritaria rappresentata dai ceti medi e medio bassi. La demagogia di un governo populista nasconde tranelli: dal taglio dell’Ici che beneficia in modo sfacciato i nuclei famigliari più ricchi e trascura le famiglie in affitto, all’intervento sui mutui che aggrava i debiti delle famiglie e svuota gli interventi di liberalizzazione introdotti dal centrosinistra; dalla parziale detassazione degli straordinari che coinvolge una fetta esigua dei lavoratori, alla social card che istituzionalizza l’elemosina ai disperati; dalla Robin Tax che sono già state traslate ai consumatori, agli interventi su scuola, sanità, assistenza che in nome di sacrosanti tagli agli sprechi tagliano diritti e opportunità.
Ecco perché, in questo momento, dobbiamo tornare a porre con forza il tema di un paese più giusto. Farne il cuore di una battaglia culturale e politica. Non limitarsi a difendere l’esistente, arginando l’erosione delle tutele acquisite, secondo un modello conservativo che lascia fuori settori sempre più ampi di cittadinanza, ma andare alla radice della crisi del sociale, confrontarsi con una società sempre più magmatica, cercando di identificare un nuovo paradigma.
Uguaglianza è oggi la battaglia per consentire a ciascuno di esprimere il proprio talento e, dunque, ci tengo a ripeterlo, è scegliere di rinnovare e rendere più competitivo il sistema educativo, non di smantellarlo. Perché uguaglianza è soprattutto, tutela di chi è più debole, ed una scuola classista produce nuove discriminazioni. Uguaglianza è diritto ad un percorso lavorativo accompagnato dalla formazione continua e dal rispetto della dignità e della competenza del lavoratore. Ed uguaglianza è il diritto alla sicurezza come libertà dell’individuo.
Se questa può essere una traccia di analisi, indicare semplicemente un programma di governo non basta. Per aggredire le grandi sfide della competitività e della giustizia, è necessario costruire un nuovo paradigma, dare una visione di futuro, lasciare trasparire una tavola di valori dietro ogni proposta specifica.
Il Partito Democratico è nato con questa ambizione. Ricostruire lo spazio della politica attorno ad un partito nuovo, popolare e organizzato nella società secondo modalità innovative. Un partito del nuovo secolo, capace di cogliere i mutamenti della società e di delineare una prospettiva condivisa. Un partito nazionale, fondato con l’ambizione di riunire l’Italia e gli italiani intorno ad un progetto di sviluppo per il futuro. Un partito aperto, libero dagli steccati delle vecchie appartenenze. Un grande soggetto collettivo, di donne e di uomini, che collettivamente assume le decisioni, agisce, indica la direzione di marcia.
Questo Partito Democratico è più che mai necessario. E bisogna cominciare a guardare in faccia la realtà.
E dirci le cose come stanno. Dopo la sconfitta elettorale la nostra classe dirigente ai suoi livelli più alti ha iniziato una rincorsa a rinchiudersi in tante frazioni, gruppi associazioni di “eguali”, accomunati dai vincoli di una storia comune e di un’affiliazione fiduciaria. Va quindi combattuta a viso aperto la deriva di un sistema correntizio di affiliazioni personali, logiche di appartenenza che è la totale negazione di una missione nazionale e di una soggettività collettiva.
Un correntismo lontano dai problemi reali del Paese, che nulla ha a che fare con il “pluralismo delle idee” e la ricerca di nuovi approdi - e men che meno con ideali e valori - perché, nella migliore delle ipotesi è in grado di elaborare soltanto risposte parziali ed interlocutorie alle domande dei cittadini, alimentando un clima di sfiducia e rifiuto della politica.
Siamo ancora in tempo per uscirne? Io credo proprio di sì. Ma per farlo occorre un punto di vista oltre le vecchie storie.
Occorre costruire un partito unitario, rivitalizzando la vita democratica. Se siamo in tempo se ne esce solo con uno scatto di autonomia culturale e di mobilitazione organizzativa, ricostruendo un’identità collettiva - e una volontà – riunita attorno al contrasto di questa destra che distrugge l’Italia e alla necessità drammatica di costruirne una nuova, più competitiva e più giusta.
Questo è il passaggio imprescindibile per definire una nuova identità che ha origine, certo, nel passato, ma per essere credibile dovrà essere nuova, nella prassi, nelle idee e nelle persone.
E se siamo in tempo dobbiamo sapere che ci vorrà tempo, ma il tempo stringe, bisogna muoversi subito.
Perché il primo requisito per dare forza ad un partito, e tanto più ad un partito nuovo, che vuole lasciarsi alle spalle i limiti di una stagione politica segnata dalla rissossità e della debolezza della decisione, è la credibilità. E dunque l’unità, la chiarezza, la capacità di includere, la forza di mobilitazione, e la coerenza di ogni atto e presa di posizione quotidiana con un progetto condiviso. Oserei dire la riscoperta di un “bene comune”. Ecco il senso di una missione per il Paese.
È questo il terreno di azione e il banco di prova anche di una nuova generazione di dirigenti. Una generazione che deve lavorare a testa bassa a questi obiettivi dalle proprie postazioni, sfuggendo al gossip quotidiano, non pensando al tornaconto personale ma al bene comune di una squadra, crescendo nell’esperienza concreta di governo e di opposizione, misurandosi con le questioni reali, fuori dagli schemi di un politicismo deteriore e lontano da scorciatoie leaderistiche troppo simili ad investiture dall’alto. Dunque una grande battaglia culturale la sfida è semplicemente questa: provarci per davvero però e chi ci sta ci sta.
A cominciare da qui: da Roma e dalla nostra Regione. Partendo da un imperativo categorico: ridare certezza, centralità e strutturare il partito. Il vuoto di partecipazione e di iniziativa politica si colma solo restituendo agli iscritti, al popolo del Pd veri luoghi di vita democratica, dove si discute, si propone e si decide una linea.
La manifestazione del 25 ottobre deve essere anche un monito ai gruppi dirigenti, uno stimolo a raccogliere per davvero l’ispirazione di quella grande, bella giornata di democrazia per il nostro paese.
A Roma si deve fare di più.
Partendo dal fatto che fare opposizione alla destra, a questa destra particolarmente aggressiva, incapace, arruffona, xenofoba richiede lo sviluppo di un grande progetto di rilancio della città che va fatto in modo capillare, riorganizzando dal basso le tante forze riformatrici presenti alle quali il Pd deve fare riferimento costante, quotidiano, senza lasciare nulla al caso. Bisogna riorganizzarsi seriamente proponendo ai cittadini, ai militanti un nuovo modello di sviluppo politico, economico, sociale.
Dobbiamo avere il coraggio di parlare del futuro di Roma e essere tenaci sulle scelte che metteremo in campo. La stessa vicenda del PRG va spiegata nel merito, facendo iniziative mirate anche nei luoghi più importanti interessati da questo atto fondamentale della giunta Veltroni.
Penso anche e soprattutto alla nostra centralità urbana del Santa Maria della Pietà, tema che deve diventare patrimonio comune non solo delle forze del Pd presenti sul territorio ma soprattutto tema di iniziativa politica del partito regionale, che deve avere la capacità e l’ambizione di parlare con tutti i soggetti interessati, assumere su di se la responsabilità della proposta e cercare la sintesi, senza delegare a nessuno le scelte strategiche.
La proposta dell’università e delle funzioni di pregio all’interno del comprensorio risale al 1994 e è tempo di capire veramente se questa partita può essere chiusa positivamente.
Il nostro circolo sta facendo in questi mesi un grande sforzo per garantire una presenza il più possibile capillare sul territorio, in un quadro oggettivamente non facile, sopperendo in molti casi anche ad un’assenza, un vuoto di iniziativa politica dei gruppi dirigenti del Pd romano. Ci siamo fatti parte diligente, ci siamo fatti carico con grande responsabilità e schiettezza di rappresentare comunque le nostre idee e discuterle tra la gente e il nostro popolo, assumendo una serie di importanti iniziative anche insieme agli altri circoli presenti nel territorio e ai nostri consiglieri municipali, costituendo anche un coordinamento tra di noi, in mancanza di una regolamentazione di un qualsiasi organismo della zona. Occorre dotarci al più presto di forme di rappresentanza vere e stabili.
Per esempio, il Circolo sta proponendo una serie di iniziative legate al tema della nostra sanità territoriale e sta affrontando assieme alla Regione il nodo difficile ma ineludibile del piano di rientro sanitario che toccherà i molti presidi ospedalieri presenti da noi.
Abbiamo messo in campo un gruppo di lavoro sulla sanità, cercando di mettere in rete le migliori esperienze professionali e politiche presenti; martedì mattina alle 8 saremo davanti al San Filippo Neri con un volantinaggio, per difendere e rilanciare questa grande azienda ospedaliera contro la demagogia e l’arroganza della destra che ci accusa di chiudere l’ospedale e si dimentica lo scandalo della sanità quando c‘erano loro alla regione, con bilanci delle asl non approvati o taroccati, con lo scandalo di Lady ASL, con lo sfascio della spesa sanitaria, le tangenti, i reparti creati ad uso e consumo di un singolo primario e le eccellenze vere annientate. Usciremo anche con un manifesto e proporremo una grande iniziativa pubblica proprio nel SFN. I problemi vanno affrontati così, sporcandosi anche le mani e la funzione del Pd è proprio quella di stare dove ci sono le situazioni più difficili con tutti i soggetti istituzionali e politici, i consiglieri regionali, comunali, municipali, i circoli, gli operatori e gli utenti i cittadini che chiedono risposte serie. Le prossime elezioni regionali del 2010 bisogna affrontarle da subito.
Altro tema fondamentale che il Pd tutto deve assumere come una grande sfida strategica per tutto il nostro quadrante è costituito dalla grande viabilità che interessa e taglia tutto il nostro Municipio.
Insieme agli altri circoli stiamo raccogliendo le firme per il finanziamento della Torrevecchia Bis, arteria fondamentale che è l’unica in grado di risolvere i problemi di congestionamento della viabilità nella zona. Abbiamo già fatto una serie di iniziative, uscite pubbliche, 2 manifesti sul tema. La giunta di destra al Municipio ha semplicemente spostato le lancette all’indietro, ripristinando la vecchia viabilità ed è stato subito il caos. Noi porteremo le firme in Campidoglio chiedendo ad Alemanno conto della grave situazione di disagio e incalzandolo sull’immediato inizio dei lavori.
Abbiamo assunto anche una posizione comune come circoli con il gruppo del Pd municipale sulla questione dell’allargamento della via Trionfale e sulla vicenda dell’allargamento della Pineta Sacchetti, anche sostenendo un’iniziativa comune con i circoli e il gruppo del Pd del municipio 18.
Contro l’immobilismo e l’incapacità della destra al governo di Roma dobbiamo stare tra la gente, essere visibili con proposte concrete, mobilitare tutte le straordinarie energie e risorse dei nostri volontari la cui generosità e passione voglio sottolineare proprio qui, perché è grazie a questa forza che siamo in grado di stare presenti nel cuore delle questioni che riguardano il nostro territorio.
La partecipazione attiva, organizzata nei nostri quartieri è anche rappresentata dall’adesione al partito.
La campagna di iscrizione al Pd è iniziata e va necessariamente implementata, soprattutto in una fase così delicata del nostro paese e di Roma. Il sostegno economico alle nostre iniziative è fondamentale e deve diventare patrimonio condiviso di tutto il nostro popolo. I contributi di tutti noi rimarranno per grande parte proprio a disposizione del nostro circolo e ci consentiranno di mettere in campo le nostre idee.
Ecco perché è necessario fare uno sforzo in più, per radicarci nel quartiere con un sentire comune e un senso di appartenenza reale e per mettere per davvero le fondamenta per la costruzione del Pd nel territorio, con una ampia base di iscritti riconosciuta ed organizzata.E’ un modo pulito, trasparente di autofinanziare le nostre proposte, è la buona politica al servizio dei cittadini e la premessa per costruire finalmente un soggetto politico in grado di declinare una propria funzione e un ruolo nella società odierna.
Vladimir Mariano