Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
lunedì 8 dicembre 2008
L'insostenibile leggerezza della politica
a cura di Nando
(16:13)
Della politica è stato evidenziato il suo insostenibile costo, ossia il suo peso devastante per i conti pubblici. Parlare di leggerezza e allo stesso tempo di insostenibilità della politica può quindi apparire un ossimoro. In realtà per leggerezza io qui intendo inconsistenza, superficialità. Nei contenuti e nell'azione. Una superficialità e una inconsistenza dagli effetti forse ancora più devastanti del costo economico. E dico politica e non politici perché di questa superficialità si sono a volte resi colpevoli, oltre ai politici di professione, anche molti di coloro che si autodefiniscono rappresentanti della società civile, ossia noi dei movimenti. Non è solo una critica, ma anche un'autocritica.
Sarà il caso di spiegare cosa intendo.
Mi riferisco a quell'essere scivolati dai contenuti ai contenitori. Di aver privilegiato aspetti formali, regole, meccanismi, formule (spesso vuote), rispetto alle idee. Illudendosi di poter risolvere i problemi della società con equilibrismi di ingegneria politica. Anzi, finendo per ignorare i reali problemi della società per dedicarsi soltanto a questioni di assetti, equilibri di potere, mantenimento delle proprie posizioni, voglia di entrare nel giro della politica. La politica ridotta a slogan per mancanza non solo di ideologie, ormai abbandonate, ma anche di idee.
Perché non si discute, non si approfondisce, non si elabora. Non ci si confronta, ma ci si scontra. Su slogan.
Si potrebbe forse creare un vocabolario, dalla A alla Z, di questi slogan. Mi vengono in mente alcune di queste parole, abusate e mai sufficientemente analizzate. Per esempio alla M Maggioritario, alla P Primarie e anche Partecipazione. E poi R come Riforme e come Referendum. Alla lettera A, Anomalia italiana e Assemblee E così via.
Non ha mai molto senso cercare di individuare un preciso momento di svolta, ma se proprio volessimo farlo, potremmo dire che tutto è cominciato con il referendum promosso da Mariotto Segni e con la collettiva infatuazione per il maggioritario che ne derivò. Operazione astratta, condotta nell'illusione che un meccanismo elettorale potesse, da solo, risolvere il problema del malcostume politico. Come se questo malcostume dipendesse dalle modalità di elezione delle cariche istituzionali e non dagli uomini e da una diffusa cultura (o incultura) dell'ambiente che li genera e che essi stessi contribuiscono a mantenere e rinnovare. In barba a tutte le leggi e persino alla Costituzione. Salvo alle leggi fatte apposta per perpetuare il malcostume.
Credo che se non ricominciamo a parlare seriamente di POLITICA, affrontando i significati e non solo le parole, la semantica e non solo il lessico politico, continueremo ad avvitarci lungo una spirale pericolosamente discendente.
La politica non può ridursi a talk-show televisivi, ad inconcludenti assemble più o meno autoconvocate, a finte primarie, a interminabili discussioni sugli organigrammi. Bisogna riscoprire le idee. Occorre interrompere questo circuito vizioso della non-politica. L'entropia del sistema politico sta crescendo a ritmi insostenibili e non ce lo possiamo permettere perché anche il sistema nel quale viviamo sta subendo trasformazioni drammatiche che richiedono una vera politica. Non una farsa.Almeno noi, che non abbiamo l'ansia di preservarci un seggiolino all'interno delle strutture del partito, dovremmo evitare di farci coinvolgere eccessivamente da queste beghe. Piuttosto dedichiamo il nostro tempo di volontari della politica fuori e dentro ai circoli per promuovere una costruttiva partecipazione nostra e dei nostri concittadini. La partecipazione non è cosa che si improvvisa. Richiede metodologie di lavoro di gruppo, non necessariamente complicate, che non si trovano fra i vecchi armamentari dei nostri politicanti. Su questo dovremmo metterci al lavoro per far crescere dal basso la domanda di politica degli iscritti e dell'elettorato e surrogare le incosistenti strutture di partito.

Ferdinando Longoni