Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
domenica 7 giugno 2009
La questione morale
a cura di Nando
(16:43)
Giovedì prossimo, come già annunciato in questo blog, ci si vedrà all'Auditorium di Via Rieti, su iniziativa di un gruppo di amici, per parlare di questione morale.

Non so se avrò modo, in quell'occasione, di esprimere il mio pensiero, quindi lo anticipo da queste pagine telematiche.

La "questione morale", che fu posta con notevole anticipo rispetto alla stagione di mani pulite da Enrico Berlinguer, non è uno dei tanti problemi che affligge la nostra Italia. È il problema. La quasi totalità degli altri problemi deriva da questo in quanto il problema della moralità, ma sarebbe meglio dire della non moralità, investe l'intera società italiana e ha conseguenze non solo sull'aspetto morale, appunto, dei rapporti tra potere politico e cittadini (la legge che finisce per essere più uguale per alcuni), ma impatta anche pesantemente sulla disponibilità di risorse economiche per far fronte ai servizi sociali (lo sperpero di soldi pubblici, ma anche la diffusa evasione ed elusione fiscale da parte sia dei soggetti fisici che di quelli giuridici).

Come è possibile che si sia venuta a determinare una tale situazione di degrado? Ma è poi vero che si tratta di un fenomeno recente? Un'analisi impietosa, ma plausibile, l'ho potuta leggere sul libro "il ritorno del principe" . In quel libro Roberto Scarpinato mostra come il problema fosse già stato affrontato a metà ottocento e come si sia sviluppato, sotto tutti i governi e i regimi, dal Risorgimento ai giorni nostri. Il problema è un problema antico. Un problema culturale di una società che, a differenza di altre società occidentali, non ha subito gli stessi processi che in quegli altri paesi hanno fatto superare il feudalesimo e instaurare democrazie borghesi e liberali. Da noi, il processo è stato solo apparente e non sostanziale. Le classi dominanti hanno perpetuato comportamenti di tipo feudale, pre-moderni, e la popolazione, al di là delle apparenze, è rimasta molto suddita e ben poco cittadina. E il fenomeno della mafia si inserisce in questo quadro più generale. Sarebbe quasi un'anomalia se non ci fosse.

E, sempre per restare sul tema delle anomalie, l'anomalia nell'Italia di oggi non è Berlusconi e, prima di lui, l'Italietta di tangentopoli. Gli anomali sono coloro che vorrebbero un paese normale, con una democrazia normale. Che purtroppo, inutile far finta di non saperlo e intestardirsi a ignorarlo, sono minoranza nel Paese. Vogliamo essere ottimisti? Sono, siamo, un terzo dell'elettorato votante (ossia un quarto dell'elettorato complessivo). Percentuale insufficiente per governare. Almeno per governare in modo "normale", senza dover giungere a compromessi con la vera normalità del Paese (quella immorale).

A questo punto è d'obbligo capire quale dovrebbe/potrebbe essere il ruolo dell'opposizione e di tutti coloro che, a vario titolo e con diverse modalità, denunciano continuamente il problema.

Innanzi tutto, vorrei fare una considerazione sugli effetti dell'azione di personaggi come Beppe Grillo, Travaglio, Di Pietro.
Per assurdo, l'azione dei primi due, lodevolissima sul piano morale, finisce per sortire l'effetto contrario a quello che, presumibilmente, i due personaggi vorrebbero raggiungere: un disgusto per la politica, tutta, e quindi un allontanamento dalle urne elettorali (soprattutto dell'elettorato tradizionalmente di sinistra). Facendo un grandissimo favore ai berluscones vari. Il risultato dell'azione di Di Pietro, inquadrata in un disegno politico oggettivamente debole, non è dissimile: ottiene sì un certo aumento di consenso (quanto stabile nel tempo?), ma finisce per alimentare anch'esso l'astensionismo.

La denuncia e la critica sono inutili, quando non dannose, in un contesto culturale come il nostro, se non inserite in un disegno politico forte, condotto da una formazione con tutti i numeri per farlo. Altrimenti diventa, inesorabilmente, qualunquismo.
Attenzione, però! Anche l'atteggiamento di condanna che un partito come il PD è tentato di assumere nei confronti delle modalità di critica dei vari Grillo e Travaglio finisce per avere un effetto devastante che si può riassumere nella frase: "anche il PD è come gli altri! Difende gli interessi della casta.".

L'opposizione politica deve far propria, nelle modalità politiche opportune, la voce critica, togliendo il monopolio della denuncia a singoli cittadini (anche se godono di popolarità). In particolare questo è un compito che dovrebbe essere assunto proprio dal PD, numericamente molto più consistente (e se vuole continuarlo a esserlo). Senza esitazione e a partire dai propri comportamenti interni, che devono essere trasparenti.

Questo atteggiamento ha inevitabilmente un prezzo: nell'attuale situazione culturale italiana significa la condanna a essere forza di opposizione e non di governo. Opposizione che deve essere in gran parte spesa per una sostanziale modifica del contesto culturale, senza la quale ogni possibilità di governo è illusoria, fragile, ottenuta a costo di rinunce morali.

Ferdinando Longoni