Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
sabato 25 luglio 2009
Paola Gaiotti sceglie Dario Franceschini
a cura di Nando
(11:36)
Ricevo da Paola, che mi autorizza a pubblicarla su questo blog, una lettera inviata alla componente laziale dei "democratici, davvero". Come saprete, Rosy Bindi, e con lei Giovanni Bachelet, si sono schierati subito con Bersani. Questa decisione ha destato moltissime perplessità tra noi "democratici, davvero", almeno qui nel Lazio, seppur con diverse motivazioni. Io sono tuttora perplesso e confesso di non aver scelto come votare. Quando avrò letto le tre mozioni cercherò di esprimere il mio pensiero da queste pagine del blog.
Per ora mi limito a registrare le opinioni degli altri.

Paola, con la sua solita lucidità, indica quattro criteri che l'hanno convinta a schierarsi:

  1. non disperdere il recupero di fiducia e stima ottenuto da Franceschini;
  2. capacità di autonomia nei confronti dei gruppi oligarchici che hanno bloccato fin qui il PD;
  3. logiche delle alleanze;
  4. continuità nella costituzione del gruppo progressista europeo.

Ma sentiamo cosa ci dice Paola.

Nando




Carissimi,

desidero condividere, e si tratta di una condivisione che non contraddice e non respinge l'eventuale dissenso, del resto in linea con l'autonomia personale garantita dalla nostra prassi, con coloro con cui cui mi sono accompagnata nel più recente impegno politico, le ragioni della scelta che sono andata maturando a proposito della prossima elezione del segretario nazionale del PD, e che è una scelta a favore di Dario Franceschini.

Riconosco che non si tratta di una scelta automatica, in qualche modo naturale e imposta dalle cose; in questo senso possiamo tutti essere soddisfatti del fatto che tutti i candidati sono a loro modo degni di vittoria, rappresentano degnamente la novità del PD e nessuno degli esiti possibili rappresenterebbe una tragedia.
Non è un caso che il quadro dei programmi appaia per molte parti trasversale, e per certi versi confermato dal carattere trasversale anche dei sostenitori, con un ancoraggio netto al sentimento diffuso che è già l'identità del partito, vorrei dire il sentirci tutti, insieme liberali e solidaristici.
Vorrei dunque dire qui le ragioni essenziali che mi hanno spinto a prendere questa posizione.

La prima e più immediata ragione va vista nel desiderio di non disperdere il patrimonio prezioso di recupero di fiducia e di stima ottenuto da Franceschini durante questi mesi da segretario e che ci sono stati testimoniati da tanti amici.
Franceschini ha raccolto con lealtà un’eredità pesante legata agli errori originari del processo costitutivo del PD, in cui una opzione sostanzialmente presidenzialista, implicita nel larghissimo sia pur variegato sostegno a Veltroni ha di fatto coinciso con un’opzione oligarchica, di garanzia per i gruppi dirigenti uscenti, che hanno rinunciato a contarsi nell’ammucchiata delle liste veltroniane per mantenere intatto il loro potere di veto, e legata agli effetti disastrosi di una dichiarazione di autosufficienza che ha sia pure involontariamente prodotto prima la crisi di governo poi la sconfitta. E’ da questa eredità pesante che sono nati gli organi elefantiaci locali privi di poteri di decisione reali, la difficoltà di far emergere una nuova classe dirigente, il vuoto che ha segnato il rapporto fra la vitalità di molti circoli e l’iniziativa centrale.
Malgrado questo Franceschini ha trasmesso con efficacia, in modo netto e determinato, l’immagine di un partito d’opposizione con una sua precisa identità fatta insieme di richiami ideali inequivocabili e coerenti con i comportamenti, di concretezza propositiva, anche in Parlamento, di fronte ai gravi dati dell’economia diffusa; e ha accompagnato tutto questo assumendo la pienezza delle sue responsabilità di gestione, reintroducendo la prassi delle votazioni negli organi deliberativi, garantendo una pausa assai apprezzata del cosiddetto teatrino politico permanente interno al PD.

Su questa base il secondo criterio di fondo della scelta sta fondamentalmente non solo nella volontà di far finalmente partire davvero il partito democratico, ma nella maggiore o minore possibilità di sottrarsi ai condizionamenti di fatto che inevitabilmente continueranno ad esprimersi, di rompere la struttura oligarchica che ha finora imbalsamato il PD: Franceschini ci ha dato già di fatto il segno di saper esercitare in piena autonomia la sua funzione di segretario. Sappiamo che la pressione delle tentazioni oligarchiche sarà presente, come è presente inevitabilmente, aldilà della volontà dei candidati, in tutti gli schieramenti, in Franceschini, in Bersani come nello stesso Marino. ma mi pare che possiamo scommettere più agevolmente su ciò che abbiamo già sperimentato in positivo. Ma la centralità del problema di costruire in Italia cultura politica e senso civico è affidata inevitabilmente non solo alla cultura dell'intera società ma all' affidabilità di uno strumento partito di tipo nuovo.

Il terzo criterio di fondo sta nella scelta delle logiche che devono prevalere nelle alleanze. Anche qui ci sono segnali positivi e negativi negli stessi schieramenti. Se Enrico Letta da per scontata una irrinunciabile alleanza con l'UDC (a qualunque costo?), Rutelli teorizza la pericolosità di definirsi di sinistra, quasi che questo non fosse il naturale effetto di un bipolarismo che vogliamo mantenere e in cui, come nel Parlamento inglese, si è o di destra o di sinistra, salvo a differenziarsi all'interno degli schieramenti, come è naturale intorno alle soluzioni concrete di problemi concreti, talora in chiave più moderata talora in chiave più radicale. Ormai non solo ognuno di noi, in relazione alle sue esperienze e alle sue competenze è ora di sinistra ora di centro nella varietà dei problemi da affrontare, ma anche la rappresentanza sociale che deve sostenerci è tutt'altro che univoca nelle opzioni che le interessano.
Ciò che non può comunque offuscarsi è l'opzione decisa e netta sul terreno della legalità da riconquistare al nostro paese e su questo terreno non c'è alleanza che possa attenuare le ragioni della nostra determinazione, pur nel rispetto di tutte le forme civili della battaglia da condurre. Occorre recuperare certamente il campo delle convergenze che hanno fatto in passato la vittoria dell'Ulivo ma questo non dipende solo da noi: e sono d' accordo con Franceschini che "oggi caratterizzarsi e scontrarsi nel dibattito congressuale soltanto sulla scelta dei possibili alleati di domani sarebbe prova di una sconcertante povertà di idee. Fare l’opposizione insieme con altri partiti, individuare battaglie comuni, in Parlamento e nel Paese, sui contenuti dell’azione di governo, sarà il terreno migliore per sperimentare la possibilità di formare una alleanza coesa e credibile". E questo lo può fare solo "un partito più coraggioso e netto nei suoi si e nei suoi no".

Da questo punto di vista è comprensibile e va raccolta la diffusa attenzione al tema della laicità; e tuttavia non vorrei che si creassero interpretazioni di comodo che neghino il processo ormai avvenuto. La grandissima maggioranza di iscritti al PD, laici e cattolici, hanno maturato un'idea comune della laicità. Su questo punto vorrei fare solo una notazione su quel che resta di possibili eccezioni: la libertà di coscienza sulle questioni etiche, ma non solo su queste, non può che restare politicamente garantita: ma non si può confondere la libertà di coscienza con la negazione del fatto concreto e verificabile. Se un sondino per l'alimentazione forzata, messo da un medico con procedure mediche, non è un atto medico, e dunque sottoposto alle norme che regolano l' esercizio medico sul rispetto della volontà del paziente, allora anche la negazione dell'olocausto diventa possibile con la libertà di coscienza. Voglio dire che Il senso dell'appoggio dell'on. Binetti a Franceschini va verificato nel dibattito parlamentare sul testamento biologico.

E c'è un altra ragione di questa scelta che mi è molto cara, forse quella che mi preme di più. Il partito democratico non può essere solo un partito nazionale; il suo destino si misurerà e costruirà in Europa, dove è urgente la nascita di una sinistra adeguata all'attuale sfida mondiale e che non può difendere il modello sociale europeo nemmeno in forme rinnovate se non sostiene il processo istituzionale di rafforzamento dell' Europa. In questo senso la costituzione , finalmente , del nuovo gruppo dei progressisti è uno dei più importanti successi della segreteria Franceschini. Ma è solo una partenza; e condivido il giudizio, detto, con più autorevolezza e più coraggio di quanto ne sia necessario a me, da Fassino, che ringrazio, che per condurre avanti questo disegno c'è bisogno di un leader italiano che non provenga dalla tradizione socialista, con tutto il massimo rispetto per quella tradizione.

Ecco, chiedo scusa della lunghezza di questo testo, ma alla fine di tante battaglie di una vita, mi pareva ancora di avere il dovere di dire la mia.

Buon lavoro a tutti

Paola Gaiotti


COMMENTI

Desidero esprimere il mio accordo a quanto scritto da Paola Gaiotti in favore di Franceschini, in particolare condivido l' affermazione
"...La prima e più immediata ragione va vista nel desiderio di non disperdere il
patrimonio prezioso di recupero di fiducia e di stima ottenuto da Franceschini
durante questi mesi da segretario e che ci sono stati testimoniati da tanti
amici."


Lasciamo perdere personaggi che non hanno novità da proporre o sono ancora inquadrate nei vecchi schemi del partito (DS), come Bersani e lasciamo perdere, anzi , mandiamo in vacanza, lontano dai lidi italiani, personaggi come Rutelli e D' Alema. Non ne abbiamo bisogno.

Cordialmente, Franco BORGHI


Carissimi
Condivido le ragioni di Paola di scegliere Franceschini, sopratutto mi convince l'idea che le tesi dei tre candidati mnon possono misurarsi sul tema delle alleanze, problema aperto sia per Franceschini che per Bersani, ma sulla strategia politica e come far emergere un partito democratico che si faccia riconoscere non solo da uomini e donne di sinistra che il partito l'hanno sempre sostenuto e votato, ma da quella marea di gente nel paese che vota Berlusconi, in quanto " l'unico Presidente in grado di decidere" anche se, come tutti sappiamo, è solo immagine e non sostanza. Tutti abbiamo il ricordo doloroso dell'ultimo Governo Prodi, stremato dalle tanti voci e dissensi che ci arrivavano ogni giorno. Governare significa condividere un programma e non "essre un partito di lotta e di governo". Abbiamo già dato, quindi le alleanze vanno costruite con fermezza. Serve innanzi tutto che il Pd allarghi la sua base elettorale di riferimento, Purtroppo nel nostro paese esiste ancora un "anticomunismo" di fondo, frutto del passato e utilizzato da Berlusconi come leva contro il centro sinistra. Dobbiamo risvegliare gli italiani. Proviamo a farlo non a parole ma a fatti.
Pinuccia