Voci indipendenti di liberi cittadini nella costruzione e nella vita del partito nuovo
lunedì 12 ottobre 2009
L'importanza di una scelta, seppure difficile
a cura di Nando
(20:28)
Dopo un prolungato silenzio (non ho più aggiornato il blog da fine luglio), che avrà sorpreso alcuni e fatto tirare un sospiro di sollievo ai molti che vedono le loro caselle postali innondate di e-mail non sempre gradite, mi sono deciso a riprendere il mouse.

Silenzio essenzialmente dovuto a tre ragioni: problemi alla schiena che mi impongono di non stare troppo seduto al computer, un paio di viaggi all'estero a settembre che mi hanno impedito di partecipare alla fase di dibattito nei circoli e, last but not least, una notevole stanchezza politica subentrata alla fiducia che la sinistra, questa sinistra, possa realmente cambiare e quindi cambiare le cose in Italia.

Con questo stato d'animo mi sembrava a dir poco inopportuno trasmettere il mio pessimismo in una fase così delicata. Cosa mi ha fatto cambiare idea? Non certo la preparazione della Convenzione e la lotta tra i tre candidati, alla quale non ho partecipato e durante la quale non mi sono schierato con e per nessuno di loro. E nemmeno la Convenzione dell'11 scorso con gli interventi dei tre candidati. Mi ha convinto la recente sequenza di avvenimenti, purtroppo non ancora terminata, che hanno sconvolto e continuano a sconvolgere (e potranno sconvolgere anche più pesantemente in futuro) la scena politica di questa nostra povera Repubblica.

Ribadisco un concetto già espresso altre volte: non si vedono all'orizzonte alternative credibili al PD nell'opposizione alla destra berlusconiana. Con tutti i suoi difetti, le sue contraddizioni, la mancanza di una netta e inequivocabile linea politica, con la sua classe dirigente prevalentemente vecchia (non in senso anagrafico) e perdente (sono 15 anni - salvo le parentesi prodiane -che perde per aver commesso una serie di gravissimi errori), il PD è in questo momento l'unico contenitore politico di cui disponiamo. La sinistra si è suicidata, Di Pietro è una meteora e non un partito, l'UDC è troppo compromessa per la sua ancora recente coabitazione con Berlusconi nella CdL e per le frequentazioni di alcuni suoi esponenti.

Si è sbagliata la scelta di tempo, quando si è deciso di fondere DS e Margherita, di facilitare la caduta del governo, sacrificando un'Unione che faceva acqua da tutte le parti, ma che avremmo dovuto mantenere a galla e riparare a tutti i costi, di correre da soli. Ma ormai la frittata è fatta e non si può tornare indietro al 2007. Si sbaglierebbe però adesso a mandare tutto all'aria per liquidare definitivamente un'intera classe politica, responsabile del disastro in cui ci ha fatto precipitare. Sento troppo spesso amici che, ad ogni occasione (e purtroppo ce ne sono quotidianamente), mi dicono di voler abbandonare tutto, di non riconoscersi in questo PD, che è meglio che gli italiani bevano fino in fondo il calice amaro che in gran parte hanno voluto. Tutti all'inferno, e poi se ne riparli, meglio, ne riparleranno i nostri figli.

Siamo matti?! Vogliamo definitivamente consegnare l'Italia a questa destra? Per quanto tempo? E chi ci tira fuori, la provvidenza?

Credo che sia opportuno tenere saldi i nervi. Solo gli ingenui potevano pensare che le dirigenze dei due partiti fondatori si sarebbero fatti da parte, con tante scuse, e via andare. Pur nella farraginosità dello statuto, gli elettori (e non solo gli iscritti al PD) possono dire la loro nella scelta tra i 3 candidati nazionali che si sono presentati, tra i candidati regionali e tra le liste che li appoggiano. Non sarà certamente questa la volta decisiva per un sostanziale ricambio dei vertici e dei quadri del partito, ma qualcosa può cominciare a muoversi.

Le elezioni interne, che si sono svolte territorialmente nei circoli, hanno coinvolto circa mezzo milione dei circa 800-900.000 iscritti. Con i seguenti risultati:

Votanti 467 mila (56% degli oltre 830 mila iscritti).
Voti validi 463 mila
Bersani: 255 mila (55%)
Franceschini: 171 mila (37%)
Marino: 37 mila (8%)

Non credo che si ripeterà il dato entusiasmante delle precedenti primarie, ma se anche votassero solo 2 milioni di elettori, questi potrebbero sovvertire il dato emerso dalle elezioni interne e persino Marino potrebbe risultare vincitore. Infatti, il milione e più di elettori non organici al partito, e quindi non condizionati da relazioni interne al partito, potrebbe esprimersi in maniera affatto diversa.

***

La scelta più importante, in primo luogo, non è quella del candidato, ma quella di andare a votare. Sapendo che il proprio voto può modificare il profilo del partito.
Votare come? La scelta a questo punto è individuale. Io mi limiterò a fare una dichiarazione di voto, motivata, ma non entusiastica, con la quale non ho alcuna pretesa di influenzare chi mi legge. Qualcuno può obiettare (e qualcuno lo ha già fatto verso altri che hanno invitato, come me, a un voto senza entusiasmi) che una dichiarazione di voto deve essere espressa in positivo e non in negativo. Io non trovo che questi tempi possano giustificare un ottimismo di facciata e tanto meno uno slancio emotivo. Preferisco rimanere sul razionale, venato di pessimismo.

La mia adesione (e partecipazione come candidato - non eletto - all'Assemblea nazionale) ai "Democratici, davvero" di Rosy Bindi avrebbe dovuto spingermi a seguirla nel sostegno alla candidatura Bersani. Cosa che molti (ma non tutti) dei democratici, davvero hanno fatto. Rispetto questa scelta anche se la trovo poco coerente. Che ci azzecca, direbbe un Di Pietro, la scelta di un'ulivista doc come Rosy Bindi di allearsi con quel blocco di potere DS la cui eminenza grigia è certamente Massimo D'Alema, visceralmente contrario ai movimenti della società civile, comportatosi sempre, a dir poco, ambiguamente con Prodi, con una forte propensione all'inciucio (ribadita anche recentemente)? Nulla di personale verso Pierluigi Bersani, che considero un politico con una notevole competenza in materia economica, ma il suo accenno congressuale all'Ulivo mi pare poco convincente.
Da sostenitore della laicità le mie simpatie dovrebbero andare a Ignazio Marino, al quale auguro un ottimo successo elettorale per rafforzare la componente di sana radicalità laica nel partito, necessaria per vigilare sulle questioni non negoziabili (che alcuni hanno troppo spesso la tentazione di dimenticare). Un partito, specie un partito ad ampio spettro come il PD, ha però l'esigenza di una guida capace di unire, di mediare, che conosca bene il partito, i suoi quadri dirigenti e gli eletti, le loro storie.
Ritengo che Dario Franceschini queste doti le abbia, accompagnate da fermezza, decisione, coerenza che ha dimostrato in questi pochi mesi di difficilissima gestione e che credo tutti, onestamente, debbano riconoscergli. I prossimi mesi, con un Berlusconi scatenato sul fronte delle riforme giudiziarie, istituzionali e costituzionali, richiedono tanta fermezza e nessuna propensione a illusori compromessi (ricordiamoci della bicamerale!).
Da democratico, senza aggettivi e senza avverbi, mi auguro che Dario esca vincitore, possibilmente al primo turno, e che, come ha promesso alla Convenzione, si avvalga della collaborazione di tutti, in primo luogo proprio di Bersani e di Marino, per consolidare il partito in vista di tutte le prossime battaglie (non solo quelle elettorali per garantire un adeguato numero di poltroncine ai soliti, ma soprattutto quelle politiche in Parlamento e nelle istituzioni locali e quelle culturali nel Paese, in difesa della nostra Costituzione repubblicana e dei diritti dei cittadini).
Sarebbe ben triste, chiunque sia il vincitore, assistere all'affermarsi di vecchi blocchi di potere, DS o Margherita che sia. Sarebbe la fine del PD e il definitivo consolidamento dell'era berlusconiana. Per molti anni a venire.

Ferdinando Longoni