Confesso di attraversare un momento in cui delusione, perplessità, timore, angoscia, pensieri, ragionamenti, speranza (poca, purtroppo!) si affastellano nella mia mente ancora frastornata dai recenti eventi. E penso che nello stesso stato d'animo si trovino ancora tanti concittadini, elettori chiamati prematuramente a un voto politico che speravano di dover esprimere tra tre anni.
Ancora condizionato dai 13 anni di resistenza al berlusconismo, condotta prima con L'ULIVO e poi con questi e L'UNIONE, l'idea di vedere il
PD affrontare da solo una destra che, al di là delle azioni diversive messe in scena, troverà comunque la formula per presentarsi coalizzato per beneficiare del premio di maggioranza del
porcellum, mi ha subito fatto cadere in depressione e fatto odiare profondamente tutti questi nostri politici del centrosinista. Depressione e odio che ho avuto modo di esternare ripetutamente affligendo gli amici che avevano la sventura di telefonarmi.
Bisogna però reagire e cominciare a far funzionare anche i neuroni della parte razionale del cervello, oltre a quelli della parte emotiva. Cerchiamo perciò di fare il punto:
- Che credibilità avrebbe avuto agli occhi dell'elettorato una coalizione di partiti che ha ripetuto sempre gli stessi errori (errare è umano, perseverare è diabolico) e che si riproponesse immutato?
Quante probabilità di successo elettorale questa stessa coalizione, seppur depurata di Mastella e Dini, avrebbe?
Zero e zero. La sconfitta sarebbe comunque certa.
- Da questo punto di vista è comprensibilissima la decisione di Veltroni di correre da soli, giocando tutto sulla novità del Partito Democratico.
Un gioco certamente rischiosissimo, ma al quale, purtroppo, non ci sono più alternative.
Non ci sono alternative per errori commessi da tutti - ognuno si prenda la propria dose di responsabilità - e non solo in questi ultimi due anni. L'intera classe politica del centrosinistra ha avuto ben 13 anni di tempo per mettere a punto una strategia e nuovi strumenti comuni. Non ha saputo, potuto e voluto farlo. Ha dato la percezione di avere un'altra priorità: la conservazione dello status quo, lo sfruttamento esasperato, a fini esclusivamente personali, di nicchie di elettorato.
- Passiamo all'aritmetica parlamentare. Usando le vecchie unità di misura partitiche, la proposta di Veltroni sarebbe perdente in partenza. Anche se PD e Sinistra, ciascuno forte della sua identità trovata (o ritrovata) e proprio grazie al fatto di presentarsi separati, facessero il pieno, il porcellum li punirebbe a causa del premio di maggioranza. Molto semplice: 35% (volendo essere generosi 40%) al PD e (abbondando) 15% alla Sinistra sarebbero battuti anche da un modesto 41% di una coalizione di destra perché il premio di maggioranza se lo prende la coalizione (detta collegamento nella legge, oppure la lista che corre da sola) che ottiene la maggioranza relativa. Punto.
- Per ribaltare il risultato occorre, inevitabilmente, far saltare l'attuale logica e fare i conti non sulle attuali forze dei partiti, come se gli italiani fossero una loro proprietà privata (tanti pastori, tante pecore ciascuno), ma sul buon senso e la capacità autonoma di giudizio degli elettori.
Cosa significa in concreto? Che ogni elettore deve valutare le conseguenze pratiche del proprio voto. Capire cioè se il voto dato al proprio partito del cuore sia un voto utile oppure se non finisca per favorire la parte politicamente più lontana. Questa maggior responsabilizzazione del voto individuale è una conseguenza inevitabile del meccanismo maggioritario insito nell'attuale legge elettorale, che ci piaccia o no. Con un sistema proporzionale puro e senza coalizioni predefinite, l'elettore demanda ai propri partiti il compito di trovare un accordo dopo le elezioni. Così non più. Con il proprio voto si può contribuire a far vincere la parte che non vorremmo mai vedere al governo. Una bella responsabilità!
- Quali conseguenze sulla campagna elettorale? Enormi. Il PD dovrà in tutti i modi fare il pieno di voti per cercare di raggiungere (da solo) quella maggioranza relativa che lo abilita a prendersi il premio. Se non ottiene la maggioranza relativa, il premio lo prendono gli altri. Per vincere deve esserci un concorso di circostanze favorevoli:
il PD dovrà prendersi molti voti anche dall'elettorato tradizionalmente della Sinistra e i centristi di Pezzotta, Tabacci, Baccini (la rosa bianca) dovranno erodere voti a destra (UDC e non solo).
Teniamo presente che la destra userà il collegamento previsto dalla legge e che a quel collegamento aderirà anche l'UDC, con la benedizione dei vescovi, oltre a tutti gli altri partitini. Non facciamoci illudere dai prestigiatori della destra. Impossibile? No. Difficile? Moltissimo. Ci serve almeno anche il 10% dei voti dell'elettorato di Sinistra e questo non lo si ottiene scambiandosi carezze. Altro che non farsi del male.
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Si può concludere che il PD deve fare una sua campagna elettorale forte, puntando decisamente sull'innovazione della politica e mostrando quanto sia vecchia, per motivi molto diversi, sia la politica della destra che anche quella dei partiti della sinistra. Questo comporta una piena aderenza ai principi etici proclamati, escludendo candidature men che cristalline, e organizzando, per quanto lo consentano i tempi stretti , una scelta democratica dei candidati.
Saremo in grado di farlo? Dobbiamo. Si è deciso di rischiare e allora bisogna farlo fino in fondo.
Si può fare. Ma bisogna volerlo fortemente. Tutti.
Ferdinando Longoni
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