Forse perché sono un fisico teorico, concordo pienamente con Nando Longoni sul punto essenziale dell'analisi, che è di tipo matematico. In dieci o venti persone si può anche discutere liberamente e prendere una decisione. In cento o piú persone una decisione democratica non si può prendere come risultato di una discussione generale; va preliminarmente istruita nell'ambito di gruppi meno numerosi prima di parlarne e votare in cento persone, pena la parodia della democrazia, che chiunque abbia partecipato a un'assemblea ben conosce. Pertanto non c'è democrazia senza una pluralità di partiti. E non c'è democrazia interna a un grosso partito senza una pluralità di correnti al suo interno. In altre parole, in ambiti sufficientemente numerosi il pluralismo o è organizzato e formalizzato, oppure, semplicemente, non c'è. Controprova: nei totalitarismi di destra e di sinistra del secolo scorso era previsto un solo partito; in tale partito totalitario le correnti erano formalmente vietate. [Naturalmente si può discutere se le correnti debbano essere cristallizzate o fluide e aperte; oppure osservare che, come del resto i partiti stessi, esse si prestano a degenerazioni paurose e detestabili, e discutere gli strumenti per evitare o combattere le degenerazioni.]
Il commento immediatamente precedente di Antonella Rossetti mi sembra solo in parte legato al problema posto da Nando, almeno per come la vedo io. I due partiti fondatori (dei quali non ho mai fatto parte) o, per essere piú precisi, quasi tutti gli ex-DS e il gruppo dominante della ex-Margherita (ex democristiani, rutelliani e quant'altro: insomma tutti tranne Letta e la Bindi) hanno votato un unico candidato,Veltroni, al momento delle primarie del 14 ottobre scorso. Da allora hanno fatto finta che non esistano le correnti ma in realtà quasi tuttto è stato finora spartito, dai circoli territoriali al governo ombra, non sulla base delle liste delle primarie (che in fondo erano l'ultima consultazione democratica disponibile), bensí sulla base dei vecchi rapporti di forza fra DS e Margherita; col notevole risultato che, al momento, non esiste strumento trasparente e democratico alle decisioni del PD per quelli che, come il sottoscritto, non erano né DS né Margherita. Non appena un tale strumento verrà creato, sono convinto che lo spartiacque e la base delle future correnti non sarà fra cattolici e laici, né fra ex-DS e ex-Margherita, ma fra persone che ritengono un'immensa coglioneria fare riforme della Costituzione insieme a Berlusconi e persone che la ritengono invece una bellissima idea; o fra persone che pensano che (per citare un altro contributo di Nando Longoni) ai fini della vera sicurezza la priorità sia la lotta alle mafie e quelli che pensano invece che la priorità vada alla lotta contro la microcriminalità; o infine, sempre per esempio, fra persone che ritengono positivo un ritorno all'energia nucleare civile e quelli che lo valutano poco meno che una bestemmia.
Cosa c'entri il Papa con le correnti del PD non l'ho ben capito, ma non mi sottraggo alla domanda di Antonella Rossetti e rispondo: l'ala "clericale" è robusta e trasversale nel Parlamento e nello stesso PD, ma buona parte di essa è composta di atei devoti; inoltre si dà il caso che alcuni leaders politici cattolici che piacciono a me siano proprio quelli che fra l'altro si sono rifiutati di andare alla famosa "adunata di riparazione" a piazza San Pietro dopo le vicende della Sapienza, e anche in altre occasioni si siano comportati con libertà e rispetto delle distinzioni fra politica e religione: Romano Prodi, Arturo Parisi, Rosy Bindi, e pochi altri (ahimé). Nell'improbabile caso che interessi ad Antonella Rossetti o a qualcun altro, segnalo che sul tema della laicità e della fedeltà all'impostazione del Concilio ho svolto il 25 maggio scorso una relazione a un convegno di Libertà e Giustizia; si trova già in formato audio qui sul sito di Radio Radicale e si troverà presto in formato testo sul sito di Libertà e Giustizia (http://www.libertaegiustizia.it/).
Giovanni B. Bachelet
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COMMENTI
Ho letto l'intervento di Nando e quello di Giovanni. condivido sostanzialmente la loro premessa che senza un dibattito interno un partito democratico non è tale, non solo per ovvi motivi di rappresentatività, soprattutto per una questione di pluralismo culturale specie in questo momento storico che vive la fine delle ideologie. certo su principi fondamentali si deve essere d'accordo.successivamente questi devono essere coniugati nella loro pratica realizzazione. due fasi che si compenetrano e che si verificano a vicenda.
il PD si trova in una fase delicata in quanto l'emergenza e l'urgenza delle elezioni non ha consentito di fare una riflessione sulla identità del partito. ora, a fronte delle iniziative del governo e della " filosofia" politica che la sottintende, siamo chiamati a dare delle risposte che non siano contingenti ma che offrano una prospettiva di sviluppo del paese credibile e alternativa a quella della destra. non mi soffermo adesso se le prime risposte del PD vanno in questo senso. ne riparleremo.
torno sulle correnti poiché sono convinto che se partiamo con il piede sbagliato tutta la struttura del partito rischia di vacillare. la questione fondamentale per le correnti è quella che esse si risolvano in correnti di potere dove il dibattito culturale è quello funzionale al capo corrente. ora se avessimo personalità come Moro, De Gasperi, Berlinguer, Scoppola, o altri insigni uomini politici che hanno ben rappresentato e interpretato la nostra Costituzione sarei soddisfatto ma se le correnti sono quelle dei piccoli ras di provincia non solo non rinnoviamo la politica ma ampliamo, sotto l'alibi della novità, il peggio del peggio del passato..
che fare ? come evitare che una corretta dimensione di ricerca, attuata per definire una identità stabile e concorrenziale a quella degli avversari, si tramuti nella politica delle tessere e del potere lottizzato? non è per fare la brutta copia del passato che noi vecchi ulivisti abbiamo speso tanta parte del nostro tempo nella speranza di rinnovare la politica. che senso avrebbe la corrente dalemiana, quella veltroniana, quella bindiana, quella dei popolari, ecc.? non ho al momento soluzioni.
forse si potrebbe ragionare su queste ipotesi:
- nei congressi discutere su temi anziché su liste . assicurando in questa maniera una trasversalità
- articolare la discussione su fondazioni e non su correnti organizzate
- applicare il metodo delle primarie ovunque, garantendo degli spazi a chi non viene dai partiti fondatori ( evitando quello che è accaduto nelle recenti candidature dove si sono in sostanza riproposti i vecchi apparati). se si ottiene questo risultato le primarie sono un po' più garantite. un candidato di fresca adesione al PD non avrebbe alcuna possibilità di essere eletto se è costretto a competere con organizzazioni collaudate
- chi ha più mezzi ( vedi canali tv ) li metta a disposizione di tutti, ecc.
altro si potrebbe aggiungere, lasciamolo al dibattito
Fabrizio Giuliani
p.s. devo un grazie sincero a Nando che con pazienza e costanza ha fatto diventare il suo blog un punto di riferimento molto valido e informato. un bravo anche a Giovanni per il suo intervento su Rete 4.
Fabrizio Giuliani
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